STATO D’EMERGENZA

Da oltre un anno il Paese era flagellato da una nuova epidemia. Era iniziata in Cina e presto aveva fatto il giro del mondo. Gli ordini del governo si susseguivano, imponendo restrizioni di movimento, permanenza coatta nel domicilio, utilizzo di mascherine davanti alla bocca e al naso per contenere l’emissione di germi. Il Paese stava registrando il peggiore indice di mortalità del mondo.

Le uniche persone con discreta libertà di movimento erano le forze di sicurezza e il personale sanitario. Le televisioni trasmettevano ogni momento notizie sul comportamento eroico di questi ultimi organizzando eventi nei quali celebravano il loro lavoro. Tutte le cure adottate o funzionavano poco e male o venivano bloccate dal parere avverso dei comitati di vigilanza sul farmaco in quanto pericolose. La soluzione preferita e più praticata nelle strutture sanitarie era l’intubazione precoce dei pazienti per scongiurare crisi respiratorie fatali. Nonostante questo, il tasso di mortalità registrato era il più alto del mondo.

Ben presto qualcuno disse che l’unica via d’uscita sarebbe stata una nuova cura, un vaccino che ancora non esisteva e che avrebbe risolto tutti i problemi. Dopo circa un anno i notiziari celebrarono la scoperta di questa nuova cura, una cura mai esistita prima d’ora, che avrebbe garantito l’immunità dalla malattia a chi vi si fosse sottoposto. Una cura mai tentata sull’uomo per combattere una malattia infettiva.

Tutti gli sforzi del Paese furono diretti per distribuire questo nuovo vaccino, diverso dagli altri, nel più breve tempo possibile. Vista la scarsità di fiale prodotte, si stabilì una scala cronologica dei soggetti con priorità di somministrazione. I primi a fruire di questa cura furono i soggetti debilitati, con problemi di salute e i più anziani. Assieme a loro tutto il personale sanitario per il delicato compito da svolgere. Probabilmente in conseguenza della tiepida adesione dei sanitari all’iniziativa, dopo qualche tempo questa opportunità venne trasformata in obbligo inderogabile. Tutto il personale esercente le professioni sanitarie era tenuto a sottoporsi alla vaccinazione. La conseguenza per chi si rifiutava era la sospensione dal servizio.

Ben presto la produzione aumentò e la quantità di fiale prodotte furono sufficienti per vaccinare tutta la popolazione. Si istituirono dei grandi centri di dispensazione dove si organizzavano speciali eventi nei quali si vaccinava un elevato numero di persone. La gente si ammassava presso questi centri vaccinali e i sanitari lavoravano a pieno ritmo per tutto il giorno al fine di smaltire la massa di persone. Con questa esplosione di inoculi, qualcuno cominciò ad osservare che aumentavano i casi di persone che stavano male e che presentavano problemi o a poche ore dall’inoculo o nei giorni successivi. Talvolta si registrarono esiti fatali di soggetti vaccinati da poche ore.

Subito un comitato di esperti nominato dal governo andò in televisione per comunicare che non esisteva alcun nesso fra i decessi delle persone e il vaccino inoculato. I giornali fecero eco in coro, sostenendo che spesso i pazienti non avevano dichiarato malattie preesistenti e che quelle erano la vera causa dell’esito fatale. Giornali e televisioni cominciarono ad organizzare talkshow nei quali chi esibiva dubbi sulla sicurezza del vaccino o non voleva sottoporsi ad esso, inquadrato in un criterio morale, veniva ascritto nei peggiori dei termini come :abietto, traditore, causa di intasamento degli ospedali, opportunista, vigliacco, untore, pericoloso diffusore di germi, causa di morte sua e del suo prossimo. Dopo il linciaggio morale in cui i pochi cittadini renitenti a subire questa cura sperimentale venero sottoposti, seguirono le discriminazioni sociali.

Si impose uno speciale tesserino con il quale chi era vaccinato poteva circolare liberamente, mentre chi non era vaccinato doveva sottoporsi a controlli periodici ogni 48 ore che attestassero l’assenza del contagio.

A questo seguirono ripercussioni sulla vita lavorativa; fin da subito le persone che avevano una occupazione sanitaria, nelle forze dell’ordine o lavoravano nella scuola, vennero sospese dal servizio senza possibilità di sostentamento. Successivamente si impose a tutti i non vaccinati il divieto di salire sull’autobus, prendere un caffè al bar, consumare un pranzo in una tavola calda, entrare in mensa nei luoghi di lavoro.

Il bombardamenti mediatico volto a criminalizzare e discriminare i cittadini che non avevano aderito alla vaccinazione continuò e aumentò. In alcuni casi si registrarono aggressioni per le strade e nei luoghi di lavoro. Negli ospedali alcuni sanitari sostenitori del vaccino promettevano trattamenti punitivi e fatali ai non vaccinati che malauguratamente fossero stati ricoverati nei loro reparti. I medici di famiglia si rifiutavano di curare i loro assistiti non vaccinati. Spesso si rendevano semplicemente irreperibili.

Nonostante l’alto numero di vaccinazioni i contagi aumentarono ma tutto questo era attribuito ai non vaccinati che pur essendo ormai in numero esiguo trasmettevano il contagio. I notiziari omettevano le statistiche nelle quali era evidente che anche fra i vaccinati vi era un alto numero di ricoveri e di malattia con esito grave e talvolta fatale, Gli esperti del comitato tecnico nominato dal Governo avevano sostenuto che col vaccino non ci sarebbe più stata malattia adesso sostenevano che la malattia sarebbe stata in forma leggera e che comunque il vaccino riduceva le possibilità di contagiarsi. Ma i casi di soggetti anziani o fragili che pur essendo vaccinati si ammalavano e morivano crebbero costantemente. Il vaccino nonostante le assicurazioni degli esperti del comitati tecnico nominato dal governo, non funzionava completamente.

Assieme a questo si rilevò che molte persone che avevano avuto effetti avversi dal vaccino, a distanza di mesi continuavano a stare male e la loro situazione non migliorava, molti lamentavano strani sintomi ai nervi, avvertivano sensazioni dolorose in tutto il corpo. Qualcuno parlava addirittura di una sensazione di bruciore interno. Le loro segnalazioni vennero fatte passare sotto silenzio e derubricate a mitomania o casi psichiatrici.

Poi i medici dello sport cominciarono a registrare un aumento considerevole del numero di giovani atleti con problemi cardiaci. Molti di loro, risultati sani ai precedenti controlli morivano improvvisamente durante le competizioni. Qualcuno veniva trovato esanime nella sua stanza al mattino dai genitori, oppure si accasciava per strada all’improvviso. Aumentarono notevolmente i casi di individui adulti, fino ad allora senza problemi di salute, che morivano per un malore improvviso o per un arresto cardiaco.

Queste notizie passarono sotto silenzio e furono addotte le solite motivazioni da parte degli esperti del comitato tecnico nominato dal Governo. Si stentava sempre a trovare una correlazione fra questi eventi e questa nuova cura introdotta così massicciamente nella popolazione del Paese, mentre, nel frattempo i contagi proseguirono.

Alcuni sanitari in contrasto con le direttive governative, cominciarono a proporre strategie diverse per affrontare l’epidemia. Qualcuno propose una cura utilizzando il plasma di pazienti guariti e portò la documentazione dell’efficacia del metodo anche in situazioni critiche. Quell’approccio terapeutico, che mesi dopo verrà confortato da una ricerca indipendente americana, a chi la propose provocò l’esautoramento dai suoi incarichi ospedalieri, l’allontanamento come indesiderato, la ghettizzazione sociale e professionale, il linciaggio giornalistico con esposizione alla gogna mediatica e l’isolamento che esitò nella morte dello sventurato scopritore della cura, presto derubricato come suicidio.

Altri cominciarono a rilevare come l’utilizzo di farmaci antiinfiammatori non steroidei abbinati ad antiaggreganti e integratori naturali, utilizzati nelle prime fasi della malattia portassero ad una rapida guarigione. Nei casi già avanzati, quando la malattia si faceva più grave, si passava al cortisone, antibiotici ad ampio spettro e anticoagulanti. Questa cura si dimostrava efficace nella maggior parte dei casi.

Chi propose queste cure fu minacciato di sospensione, additato come improvvisatore di cure inefficaci, spacciatore di stregonerie truffaldine. Si istituirono comitati con l’ausilio di legali per tutelare la loro onorabilità e il loro lavoro. Nonostante la pressione mediatica e le minacce quei sanitari continuarono il percorso intrapreso. Ben presto molte persone ammalate si rivolsero a loro non trovando altri interlocutori disposti ad assisterli.

A queste associazioni di medici volontari che approntarono queste cure si rivolsero in molti anche fra i vaccinati e nessuna discriminazione venne fatta questa volta fra i pazienti. Lentamente si riuscì a rilevare che con queste cure le ospedalizzazioni si riducevano praticamente a zero. Alla fine da parte del Ministero venne concessa la possibilità per i medici che avessero voluto curare i loro pazienti con terapie differenti dal rigido protocollo previsto che da obbligatorio diventava un semplice “suggerimento”.

A primavera inoltrata le case farmaceutiche iniziarono a distribuire nuovi farmaci molto potenti e mirati ma anche molto costosi che diventarono per il Ministero l’elemento di punta per la lotta al morbo in assenza di vaccinazione o quando questa era inefficace.

Con l’approssimarsi dell’estate i contagi diminuirono e le restrizioni sociali si ridussero, ma la prospettiva di una nuova ondata tenne allertati i comitati di controllo istituiti dal Governo e il clima di tensione e di controllo sociale continuarono a farsi percepire. L’attesa di nuove chiusure e restrizioni divenne una consuetudine.

Molti ormai abituati alle mascherine protettive, nonostante la soppressione dei divieti, non se le tolsero più anche quando l’obbligo venne meno. La popolazione ormai era stata addestrata al nuovo clima socio-sanitario, era rassicurata da esso, ci si trovava bene e non sarebbe più tornata indietro.

Lo Stato non avrebbe più avuto bisogno di emettere ordini e divieti, ormai ci pensavano i cittadini ad autolimitarsi e vietarsi da soli gli ultimi scampoli di libertà che rimanevano. Li potevi vedere tutti i giorni sulla tangenziale, recarsi incolonnati in lunghe file di automobili con le mascherine ffp2 calate sul volto mentre guidavano, soli dentro l’abitacolo, per recarsi al centro vaccinale più vicino.

Finalmente eravamo liberi.

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